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Rivista di archeologia e architettura antica

Tag Archives: Roma

Aegyptiaca nello spazio romano di età augustea: gli obelischi da Heliopolis e il reditus di Augusto

Autore: A. Bravi

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Nella Roma augustea gli Aegyptiaca assunsero un ruolo significativo nella topografia del sacro promossa dal princeps. Due obelischi, provenienti da Heliopolis, vennero collocati tra il 10 e il 9 a.C. in Campo Marzio e sulla spina del Circo Massimo. Nella vasta biblio-grafia sulla funzione assunta da questi Aegyptiaca negli spazi romani, sono state enfatizzate le intenzioni propagandistiche di Augusto e i significati ideologici e politici assunti da questi monumenti nell’ambito di una nuova configurazione dell’imperium. Partendo dalle premesse già ampiamente affrontate dalla critica precedente, che ha messo adeguatamente in luce i valori assunti dagli obelischi a Roma come funzionali ad esprimere la dimensione ecumenica del potere del princeps, il saggio si propone di dimostrare che, a differenza di altri generi di Aegyptiaca, i monoliti traslati da Heliopolis erano percepiti come portatori di una propria sacralità, i cui sensi si attivavano pienamente in virtù delle collocazioni topografiche e della contiguità spaziale con i luoghi del reditus di Augusto da Oriente e Occidente: l’altare alla Fortuna Redux presso il Circo Massimo e l’Ara Pacis in Campo Marzio.

In Augustan Rome, the aegyptiaca played a significant role in the topography of the sacred promoted by the princeps. Two obelisks, from Heliopolis, were placed between 10 and 9 B.C. in the Campus Martius and on the spine of the Circus Maximus. In the vast bibliogra-phy on the function assumed by these Aegyptiaca in Roman spaces, the propagandistic intentions of Augustus and the ideological and political meanings assumed by these monuments in the context of a new configuration of the imperium have been emphasized. Starting from the premises already extensively addressed by previous criticism, which has adequately highlighted the values assumed by obelisks in Rome as functional in expressing the ecumenical dimension of the princeps’ power, the essay aims to demonstrate that, unlike other genres of Aegyptiaca, the monoliths translocated from Heliopolis were bearers of their own sacredness, whose senses were fully activated by virtue of their topographical locations and spatial contiguity with the sites of Augustus’ reditus from East and West: the altar to Fortuna Redux at the Circus Maximus and the Ara Pacis in the Campus Martius.

Un “fiume di fogna”: il Tevere, Giovenale e la piscatrix Aurelia

Autore: G. Arena

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La V satira di Giovenale descrive lo sperequato rapporto fra patronus e cliens, ma offre anche l’attestazione di un mestiere femminile, quello di pescivendola, e di un’aurorale coscienza ambientalista, connessa con il depauperamento delle risorse ittiche causato sia dall’inquinamento del Tevere sia dalla pesca indiscriminata nel Mar Tirreno. I dati desumibili dal testo del poeta satirico risultano confermati grazie al proficuo confronto stabilito rispettivamente con l’iscrizione incisa su un’ara funeraria marmorea dedicata ad una piscatrix e con le testimonianze offerte da Ateneo di Naucrati e Galeno di Pergamo a proposito della spasmodica ricerca di pesci pregiati da parte di un’élite danarosa residente a Roma.

Juvenal’s V satire describes the unequal relationship between patronus and cliens, but also offers the attestation of a female profession, that of a fishwife, and of an auroral environmental awareness, connected with the depletion of fish resources caused both by the pollution of the Tiber and indiscriminate fishing in the Tyrrhenian Sea. The data that can be deduced from the text of the satirical poet are confirmed thanks to the fruitful comparison established respectively with the inscription engraved on a marble funerary altar dedicated to a piscatrix and with the testimonies offered by Athenaeus of Naucratis and Galen of Pergamum about the spasmodic search for precious fishes by a wealthy élite resident in Rome.

Un monumento sepolcrale a tumulo lungo la via Campana-Portuense: un’ipotesi interpretativa

Autore: G. Gaia

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L’articolo si concentra su un tentativo di ricostruire il contesto nel quale, nel 1908 durante gli sterri dovuti alla costruzione della Nuova Stazione di Trastevere, venne rinvenuto un sepolcro monumentale a tumulo. Nella medesima area vennero alla luce l’epigrafe sepolcrale di Potito Valerio Messalla e una serie di quattro rilievi raffiguranti scene di caccia. Questi elementi, se collegati tra loro, potrebbero portare ad una valida ipotesi di contestualizzazione del monumento in esame, altrimenti difficilmente inseribile in un’area caratterizzata da testimonianze sepolcrali più povere e probabilmente seriori. Infine, anche la datazione della tomba e la cronologia dell’epigrafe e dei rilievi sembrano coerenti tra loro.

The paper focuses on an attempt to reconstruct the context in which a monumental tomb was found in 1908 during excavation works for the construction of the new Trastevere railway station. In the same zone, the funerary epigraph of Potitus Valerius Messalla and four reliefs representing hunting scenes were also found. These elements, if associated, could provide a valid hypothesis of contextualisation of the monument under examination, which would otherwise be difficult to place in an area characterised by poorer and probably later sepulchral evidence. The dating of the tomb and the chronology of epigraph and reliefs seem also consistent between them.

La Velia da Massenzio a Mussolini. Ideologia, politica e paesaggio urbano

Autori: C. di Fazio, A. Grazian

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Il contributo intende ripercorrere, indagandone i significati ideologici in chiave di politica urbana, le vicende di lungo periodo che a partire dall’età di Massenzio si susseguono nella storia urbanistica del versante meridionale della Velia, una delle aree più rappresentative e storicamente qualificate del centro di Roma antica e moderna, oggetto di successive trasformazioni che incidono a fondo sull’immagine e sul valore di questo importante spazio pubblico fino all’età contemporanea. A seguito delle fasi tardo antiche e medievali, alle intervenute variazioni e alterazioni funzionali (ad esempio l’uso come fienile) si accompagnano la radicale trasformazione del significato e la perdita d’identità della basilica massenziana, riconosciuta come tale soltanto agli inizi del XIX secolo da Antonio Nibby. Come testimoni dell’evoluzione dell’immagine urbana di questo segmento della città, sostituito nel ruolo di centro simbolico dai nuovi punti focali della Roma papale, si analizzano le vedute, le incisioni e i disegni dall’antico noti tra XVII e XIX secolo. Un rinnovato capitolo nella storia della pendice meridionale della Velia si apre prima con i progetti di politica urbana del Governo francese (1809-1814), seguiti dagli scavi ottocenteschi e poi con l’idea della “passeggiata archeologica” che polarizza il vivo dibattito archeologico e urbanistico del periodo post-unitario. L’apertura di via dell’Impero, infine, si configura come l’ultimo atto di semantizzazione di questo settore della Velia, secondo un processo di politica urbana di stampo ideologico e propagandistico che coinvolge direttamente la basilica di Massenzio, reinterpretandola nelle funzioni.

 

The contribution intends to analyse, investigating the ideological meanings in terms of urban policy, the long-term events that since the age of Maxentius have followed one another in the urban history of the southern slope of the Velia, one of the most representative and historically qualified areas of the centre of Ancient and modern Rome. The hill has been the object of successive transformations that have changed the image and value of this important public space up to the contemporary age. After the late ancient and medieval phases, the functional alterations of the area were followed by the loss of identity of the basilica of Maxentius, recognized as such only in the early 19th century by Antonio Nibby. The views, engravings and drawings from the 17th-19th centuries witness the evolution of the urban image of this part of the city, replaced in the role of symbolic centre by the new focal points of papal Rome. A renewed chapter in the history of the southern slope of the Velia opened up with the French government’s urban policy projects (1809-1814), followed by the 19th-century excavations and then by the idea of the “passeggiata archeologica” which has polarised the archaeological debate and urban planning of the post-unitary period. Finally, the opening of via dell’Impero was the last act of semantization of this sector of the Velia, according to an ideological and propagandist urban policy process that has directly involved the basilica of Maxentius, reinterpreting it in its functions.

Archeologia e architettura nell’area delle “Terme di Elagabalo”, alle pendici nord-orientali del Palatino. Dagli isolati giulio-claudii alla chiesa paleocristiana

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Cante_SaguìA conclusione delle indagini nel complesso alle pendici nord-est del Palatino, noto nella letteratura archeologica come “Terme di Elagabalo”, vengono illustrate le principali fasi edilizie che interessarono l’area, dall’età giulio-claudia ai secoli tra la tarda antichità e l’inizio del medioevo.
Si esaminano quindi i tre isolati di età giulio-claudia, distrutti dall’incendio neroniano del 64 d.C., al quale non sembra seguire una nuova fase edilizia. Le attività costruttive riprendono in età adrianea, quando l’area viene occupata da un edificio, forse a carattere commerciale, con ambienti affacciati sulla via valle-Foro, compreso in un progetto edilizio ben più ampio, che si estende dal tempio di Venere e Roma alle monumentali sostruzioni palatine. L’edificio adrianeo ha vita breve: già in età severiana viene raso al suolo per essere sostituito da un complesso dalle funzioni ancora incerte, caratterizzato da un grande cortile sul quale si affacciano numerosi ambienti, mentre altri sono aperti sulla strada. Nella prima metà del IV secolo nasce, sui resti dell’edificio severiano, un complesso caratterizzato da un grande peristilio colonnato, con vasche e fontane, da un’aula cruciforme dotata di stibadium in muratura e da un pozzo accessibile attraverso una grande scala, sul fondo del quale viene collocato un dolio la cui funzione è ancora incerta. In un periodo che ci sembra di poter circoscrivere intorno al VII secolo l’area, ormai abbandonata, viene occupata da una piccola chiesa mononave i cui muri reimpiegano nelle fondazioni un gran numero di sculture che dovevano probabilmente decorare l’edificio severiano.

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At the conclusion of the archaeological investigations into the building complex on the North-East slopes of the Palatine Hill, known in the archaeological literature as “Baths of Elagabalus”, this study clarifies the main building phases of the area, from the Julio-Claudian period to the Late Antiquity and the early Middle Ages. In particular, three building blocks have been examined dating back to the Julio-Claudian age, destroyed by the fire under the empire of Nero in 64 AD, which apparently were not followed by a new building phase. The construction activities started again under Hadrian, when the area was occupied by a new building, probably for commercial activities, with spaces overlooking the street towards the Forum, included in a much larger urban project, which extended between the Temple of Venus and Rome and the monumental substructures of the Palatine. The Hadrianic building had a short life: already in the Severan period it was demolished to be replaced by a new building of still uncertain use , with a large courtyard and many rooms around, and others opened towards the street. In the first half of the fourth century AD, on the ruins of the Severan building, a new edifice was founded characterized by a large peristyle, with pools and fountains inside the columnades, and by a cruciform hall with a masonry stibadium. A well was accessible through a large staircase, and on its bottom a dolium was placed, whose function is still uncertain. In a period that could be probably placed around the Seventh century, the area – then abandoned – was occupied by a small church with a single nave, whose walls reused in the foundations a large amount of marble sculptures, probably decorating the Severan building.

Archeologia e rischio sismico

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dagostino.

Recentemente alcune circolari ministeriali hanno esteso l’applicazione delle vigenti normative relative al rischio sismico ai beni archeologici. Questa indicazione si manifesta abbastanza impropria perché le linee guida redatte dal MIBAC sono strutturate per l’edilizia monumentale e non per quella allo stato di rudere che non solo è soggetta ad una ben diversa fruizione, ma che ha anche peculiari esigenze di conservazione. La nota, nell’evidenziare le particolarità del costruito archeologico, suggerisce un diverso atteggiamento culturale che, pur nel rispetto della sicurezza dei visitatori, eviti interventi poco rispettosi della storia materiale del costruito antico, compromettendone il valore di monumento-documento.

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Some Italian MIBAC (Italian Minister for cultural heritage) memoranda apply to the archaeological sites the same seismic rules used for buildings. That appears incorrect because the state of ruin is subject to a quite different use, but also has the peculiar needs of conservation. Starting from the idea that the “archaeological built heritage” has an artistic or monumental standing and it may also represent a simple attestation of aspects of human activity in the past, this paper suggests a different cultural attitude aimed to simultaneously respect the safety of visitors and avoid actions disrespectful of the material history of the ancient built.