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Rivista di archeologia e architettura antica

Tag Archives: Sicily

Anfore da trasporto come indicatori di rapporti commerciali nella Sicilia centro-settentrionale (VI-IV sec. a.C.). Il contributo del sito indigeno di Terravecchia di Cuti (PA)

Autori: B. Bechtold, A. Burgio

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Questo contributo focalizza sullo studio di una selezione di 82 anfore da trasporto rinvenute a Terravecchia di Cuti (PA), un sito indigeno di altura ubicato nella Sicilia centrale. I materiali provengono da aree urbane dell’insediamento e datano fra il VI e la fine del IV sec. a.C. La maggior parte degli esemplari è stata studiata secondo i metodo standardizzati della banca dati di FACEM. In più, una selezione di 23 frammenti è stata sottomessa ad analisi minero-petrografiche i cui risultati preliminari vengono anticipati in questa sede. L’approccio interdisciplinare ha portato all’attribuzione di provenienza di un gruppo significativo di anfore che origina da un’area geografica sorprendentemente ampia, compresa fra l’Egeo ad Est e la Sardegna punica ad Ovest. Fra i risultati più importanti è l’identificazione di una notevole selezione di anfore greco-occidentali prodotte a Himera che attestano uno stretto rapporto con la colonia dorico-calcidese. La presente ricerca offre multipli punti di vista per una migliore comprensione dell’interazione commerciale di Cuti con siti sia greci che indigeni. L’analisi di provenienza di anfore da trasporto rappresenta, quindi, un metodo valido per studiare alcuni aspetti della complessa problematica legata ai rapporti socio-economici fra i centri epicori ed il mondo coloniale della Sicilia di età arcaico-classica.

This paper focuses on a selection of 82 transport amphorae discovered at the indigenous hill site Terravecchia di Cuti (PA) located in central Sicily. The materials found in the urban area of the settlement date back to the 6th-late 4th centuries BCE. The majority of the items have been studied using standardised methods implemented for the data base of FACEM. Additionally, a group of 23 fragments has been submitted to minero-petrographic analyses, with preliminary results being presented in this contribution. This interdisciplinary approach has led to the provenance attribution of a representative selection of amphorae, which originates from a surprisingly large geographical area spanning from the Aegean region in the East to Punic Sardinia in the West. Among the most important scientific outcomes is the identification of a large group of western Greek amphorae produced in Himera, which underlines the site’s close connection with this northwestern Sicilian town. The present research offers diverse perspectives that contribute to a more nuanced understanding of Cuti’s commercial interaction with both Greek, but also the indigenous sites. Provenance analysis of amphorae can be regarded as an innovative tool for studying some aspects of the complex issue regarding socio-economic relations between the native and the colonial world of Archaic and Classical Sicily.

La scultura di Magna Grecia e Sicilia e la mobilità degli artigiani fra testimonianze scritte e documentazione archeologica

Autore: R. Belli

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Il contributo intende proporre una riflessione sul fenomeno della mobilità degli scultori antichi in riferimento al contesto magno-greco e siceliota. Le fonti letterarie ed epigrafiche offrono il quadro di una mobilità di singoli artisti attestata fin dal VII a.C., che tende progressivamente ad aumentare nel corso del tempo. In questo ambito sono documentati artisti della Magna Grecia e della Sicilia impegnati sia in una micro- che in una macromobilità, così come artisti “esterni” che ricevono committenze da parte di poleis magnogreche nei santuari panellenici. Altrettanto importante, soprattutto ai fini della diffusione e trasmissione dei saperi tecnici, è il ruolo delle officine itineranti, la cui presenza è documentata, in alcuni determinati casi, da specifiche tipologie o classi di materiali; certamente, di grande utilità sarebbe una maggiore conoscenza e approfondimento della modalità di organizzazione del cantiere, anche in relazione alle fonti di approvvigionamento. Da comprendere meglio, infine, anche il ruolo della committenza e le modalità con cui attua le sue scelte.

The paper intends to propose a reflection on the phenomenon of the mobility of ancient sculptors, with particular reference to the Western Greek context. Literary and epigraphic sources attest individual mobility of artists as early as the 7th BC, with a progressive increase over time. In this context, artists from Magna Graecia and Sicily are documented, engaged in both micro- and macro-mobility, as well as “external” artists receiving commissions from Magna Graecia poleis in Panhellenic sanctuaries. Equally important, especially for the purposes of the dissemination and transmission of technical knowledge, is the role of itinerant workshops, whose presence is documented in certain cases, by specific types or classes of materials; certainly, a greater knowledge and an in-depth study of the organisation of these productive units, also in relation to the sources of supply, would be of great use. Finally, the role of the client and the way in which he implements his choices should also be better understood.

Una città nella città. Forma e funzione delle acropoli nelle colonie greche d’Occidente: i casi di Cuma, Siracusa, Taranto e Neapolis

Autori: V. Parisi, A. Averna, M. Crisci, R. Perrella

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Il contributo presenta i risultati preliminari della ricerca svolta nell’ambito del progetto “AKROMA. Akropolis of Magna Graecia. A critical “top-down” view on Landscape, Architecture and Cult Network in the Western Greek Colonies” – Università degli Studi della Campania “L. Vanvitelli”. A partire da quattro siti chiave accuratamente selezionati (Cuma, Siracusa, Taranto, Neapolis), il tema delle acropoli nelle colonie greche di Magna Grecia e Sicilia, finora mai analizzato in modo sistematico in letteratura, è stato affrontato in una riflessione di ampio respiro volta a individuare possibili modelli e declinazioni del concetto in chiave greco-occidentale. Luoghi enfatici e strategici per caratteristiche morfologiche e orografiche, le acropoli si configurano come vere e proprie “città nella città”: si tratta, infatti, di spazi definiti e separati, naturalmente difesi ma allo stesso tempo proiettati verso l’esterno (il mare, la città bassa, l’entroterra), caratterizzati da funzioni specifiche, sempre di carattere pubblico, collettivo, rappresentativo. Il loro ruolo, concreto e simbolico, si sviluppa intorno a due principali poli funzionali, quello religioso – in quanto sedi dei templi legati ai più importanti e antichi culti cittadini – e quello politico/militare – particolarmente enfatizzato in età ellenistica, in concomitanza con lo sviluppo delle tecniche poliorcetiche. Grazie alla rilettura complessiva dei dati archeologici e all’emancipazione dai modelli della madrepatria, le acropoli coloniali possono così ritrovare spazio e significato nella storia urbanistica delle poleis d’Occidente.

The paper presents the preliminary results of the research project “AKROMA. Akropolis of Magna Graecia. A critical ‘top-down’ view on Landscape, Architecture and Cult Network in the Western Greek Colonies” – University of Campania “L. Vanvitelli”. Starting from four carefully selected key sites (Cumae, Syracuse, Taranto, Neapolis), the theme “acropolis” in the Greek colonies in Magna Graecia and Siciliy, which had been never investigated systematically before, has been object of a wide-ranging analysis, whose goal was to identify its peculiarities from a specific Western Greek point of view. Emphatic and strategic places due to their morphological and orographic features, acropolises are arranged as “city within a city”: they are well-defined and separated areas, protected by natural defenses, which at the same time projected outwards (the sea, the lower city, the hinterland) and were always characterized by public, collective and representative functions. Their role, both concrete and symbolic, developed around two main functional poles, the religious one (as the site of the oldest city temples) and the political/military one (particularly emphasized with the development of polyorcetic techniques in the Hellenistic age). Thanks to the comprehensive reinterpretation of archaeological data and the emancipation from the motherland models, colonial acropolises can thus regain space and significance in the urban history of the Western Greek poleis.

Dal monumento al segno grafico: il teatro di Taormina nei disegni dei Pensionnaires tra XVIII e XIX secolo

Autore: S. Calò

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Lo studio dell’architettura antica da parte degli architetti francesi era promosso attraverso il finanziamento di una borsa di studio per viaggiare in Italia, garantita ai soli vincitori del Grand Prix de Rome. I pensionnaires che godevano di questo privilegio si recavano a Roma e alcuni di loro si inoltrarono oltre il territorio laziale per giungere in Sicilia. Si analizzano alcuni disegni del teatro di Taormina conservati nell’archivio dell’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts a Parigi e realizzati tra XVIII e XIX secolo da Houël, Renard, Blouet e Duc. Dal confronto degli elaborati grafici emergono analogie e differenze nel modo di rappresentare l’architettura antica e il contesto paesaggistico: appare necessario uno sguardo interdisciplinare che valorizzi le peculiarità tecniche ed espressive di ciascun pensionnaires, ponendole in relazione alla questione del viaggio, alle testimonianze scritte e alla restituzione dei monumenti antichi.

The study of ancient architecture by French architects was promoted through the funding of a scholarship to travel to Italy, guaranteed only to the winners of the Grand Prix de Rome. The pensionnaires who enjoyed this privilege went to Rome and some of them went beyond the Latium territory to reach Sicily. In particular, we analyze some drawings of the Taormina theater preserved in the archive of the École Nationale Supérieure des Beaux-Arts in Paris and made between the 18th and 19th centuries by Houël, Renard, Blouet and Duc. Comparing the drawings, similarities and differences emerge in the way of representing ancient architecture and the landscape context: an interdisciplinary perspective is necessary which enhances the technical and expressive peculiarities of each pensionnaires, placing them in relation to the question of travel, to the travel journals of architects and to the restauration of ancient monuments.

La Valle dopo gli antichi. La campagna di scavi del 2019. Parte I

Autori: V. Caminneci, L. Piepoli, G. Scicolone

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Si presentano i risultati delle indagini archeologiche svolte ad Agrigento nell’estate 2019 nell’ambito del progetto “La Valle dopo gli antichi”. L’obiettivo è quello di ricostruire le fasi post-antiche della Valle dei Templi, compresa la storia più recente, fino all’apertura al pubblico del sito culturale. Gli scavi sono stati condotti in alcuni punti selezionati per il potenziale informativo utile all’indagine diacronica. Seguendo una linea dichiaratamente interdisciplinare, con largo uso di fonti indirette e archeologiche, ad un attento riesame dell’edito si è accompagnato lo studio dei documenti di archivio e soprattutto delle fotografie d’epoca che ritraggono il paesaggio perduto della Valle dei Templi.

We present some archaeological investigations carried out in Agrigento on Summer 2019, within the project entitled “The Valley after the ancients”. The aim is to reconstruct the post-antique phases of the Valley of the Temples, including the most recent history until the public opening of the cultural site. The digs have been carried out in some points selected in order to achieve the diachronic investigation. Following an interdisciplinary research, through the indirect sources as well as the archaeological ones, a careful review of the known data has been accompanied by the study of archive documents and especially of the old photographs, which portrayed the lost landscape of the Valley of the Temples.

Alla ricerca di ‘case sacre’ tra Sicilia e Magna Grecia. Per una nuova prospettiva sull’esperienza religiosa nell’Occidente greco, tra ipotesi di lavoro e riflessioni di carattere metodologico

Autore: Marco Serino

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Alcune pratiche religiose in Magna Grecia e in Sicilia, pertinenti a realtà associative di natura civica, sembrano avere caratteristiche piuttosto peculiari. All’interno di questi fenomeni che appartengono – come i culti poliadici ufficiali – al complesso e variegato “mosaico” di esperienze religiose delle colonie greche occidentali, è possibile includere anche le cosiddette ‘case sacre’. Queste ‘ierai oikiai’ avevano probabilmente lo scopo di ospitare gli incontri di alcune ristrette comunità appartenenti a phratriai locali o ad altre associazioni civiche assimilabili. Alla luce di queste premesse, il contributo propone i risultati di un’indagine preliminare relativa a tutti i contesti archeologici all’interno delle colonie d’Occidente che meritano di essere riconsiderati da una rinnovata prospettiva ermeneutica. Una rivalutazione di alcuni edifici attraverso l’analisi spaziale, contestuale e funzionale permette infatti di apprezzare la frequenza costante di alcuni elementi comuni presenti all’interno delle ‘case sacre’. Considerazioni di carattere archeologico, insieme a informazioni di natura storico-epigrafica e socio-antropologica, contribuiscono a dimostrare come oggi sia necessario e urgente ripensare il concetto di “spazio sacro” appartenente alla comunità greca antica, spesso erroneamente concepito entro i limiti canonizzati del santuario delimitato e costruito. Inoltre, allo stesso tempo, il caso delle ‘case sacre’ impone una riflessione approfondita sulla categoria di ‘ritualità domestica’, ridotta il più delle volte a pratiche religiose condotte a livello intimo e privato.

 

Some religious practices in Magna Graecia and Sicily are strictly related to civic associations and they seem to have very peculiar features. Within these phenomena that belong – like the official polyadic cults – to the complex and varied ‘mosaic’ of religious experiences of the Western Greek colonies, it is possible to include also the so-called ‘sacred house’. These ‘ierai oikiai’ were probably used to host meetings of some small communities belonging to phratriai or other similar local civic associations and family clans. Based on these premises, this paper offers a preliminary survey of all the archaeological contexts within the Western Greek colonies that potentially deserve to be reconsidered from a new hermeneutic perspective. A reappraisal of some buildings through spatial, context and functional analysis allows to appreciate the constant occurance of some common elements within the ‘sacred houses’. Renewed archaeological considerations, together with some socio-anthropological, epigraphic and historical data, contribute to support how it is necessary and urgent to rethink again the concept of “sacred space” in the ancient Greek community, which was often wrongly conceived within the canonized limits of the official sanctuaries. Furthermore, the case-study of the ‘sacred houses’ requires an in-depth rethinking on the category of the household ritual activities, usually limited to religious practices carried out on a personal and private level.

 

 

Segesta e il mondo greco coloniale attraverso lo studio delle anfore greco-occidentali da aree sacre: primi dati

Autori: M. de Cesare, B. Bechtold, P. Cipolla, M. Quartararo

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Lo studio riguarda le anfore vinarie di produzione greco-occidentale provenienti da due aree sacre di età arcaica e classica di Segesta, per le quali disponiamo di dati archeologici, sinora rimasti inediti: l’area sacra sull’Acropoli Nord documentata dal cosiddetto scarico di Grotta Vanella e il santuario extraurbano di contrada Mango. I reperti anforici sono stati studiati secondo le norme del progetto FACEM e sono stati attribuiti a tipologie e produzioni più o meno note. Lo studio di tali reperti inediti è stato affiancato da una revisione sistematica delle anfore greco-occidentali segestane già edite, rinvenute negli scavi stratigrafici condotti negli anni Novanta del secolo scorso in alcune aree di abitato, e ha consentito di chiarire i vettori e le modalità di acquisizione di tale classe di materiali nella città elima, inserendo il fenomeno nel quadro più generale del commercio anforico della Sicilia e del Mediterraneo centro-meridionale. La contestualizzazione nell’ambito dei due santuari dei dati acquisiti ha permesso inoltre di meglio definire il ruolo nel tempo e i possibili modi di utilizzo di tali contenitori e del loro contenuto nell’ambito delle pratiche rituali, precisando alcune delle dinamiche di contatto tra Segesta e l’ambiente greco, e di interazione culturale tra Greci e ‘indigeni’ ritualizzate all’interno delle due aree sacre.

 

This research focuses on western Greek wine amphorae found in Segesta, in two Archaic-Classical sanctuaries which have provided still unpublished archaeological data: the sacred area of the Northern Akropolis documented by the so-called Grotta Vanella dump and the extra-urban sanctuary of Contrada Mango. The amphorae fragments have been studied according to the standardised methods implemented for the data base of FACEM and attributed to more or less-known typologies and provenances. The study of these finds has been accompanied by a systematical review of all published western Greek amphorae yielded by the stratigraphical excavations undertaken in the 1990ties in some urban areas of Segesta. This analysis has led to a better understanding of the commercial vectors and the mechanisms of purchase of these vessels in the Elymian town against the background of the circulation of this class in Sicily and southern-central Mediterranean. Furthermore, the contextualisation of the new data within the frame of the two sanctuaries has allowed for a more precise and diachronic definition of the containers’ role and their contents in the ritual practices. It has also clarified certain dynamics of contact between Segesta and the Greek milieu and the cultural interaction between the Greek and the ‘Indigenous’ population, ritualised within the two sacred areas.

Una testina fittile di Io dal santuario della Madonna dell’Alemanna a Gela

Autore: G. Spagnolo

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Oggetto del contributo è una singolare testina fittile femminile con corna ed orecchie bovine, rinvenuta nel 1951 sulla collinetta della Madonna dell’Alemanna, a Nord della città di Gela. Qui, a seguito della scoperta casuale di una fossa votiva di VII-VI sec. a.C., gli studiosi localizzarono un importante santuario extraurbano della polis greca e lo attribuirono a Demetra soprattutto in virtù della suddetta testina, recuperata al di fuori della fossa, perché ritennero che essa fosse allusiva al legame tra la dea, i bovini e l’agricoltura. In assenza di dati specifici sulla giacitura originaria del pezzo, il presente studio ne fissa la datazione intorno alla metà del V sec. a.C. su base tipologica e stilistica e lo assegna a fabbrica locale. Attraverso poi la disamina di numerose fonti letterarie e iconografiche, la ricerca perviene all’ipotesi che il frammento possa essere pertinente ad una statuetta di aspetto ibrido, insieme umano e animale, che rappresentava Io, la famosa sacerdotessa del santuario di Hera ad Argo, amata da Zeus, trasformata in candida vacca e poi assurta al rango di eroina capostipite della regale stirpe degli Achei. Alla luce di tale identificazione, lo studio affronta il complesso problema del rapporto tra la figura di Io e quella di Hera, divinità di riferimento della sacerdotessa nella sfera del mito, specificamente nell’ambito argivo; ed inoltre, prendendo in esame altri esempi di manufatti di varie provenienze raffiguranti l’eroina, indaga sulla possibilità di eventuali riflessi di tale rapporto nelle attività rituali connesse con il culto della dea. In conclusione, viene dunque avanzata l’ipotesi che sulla collinetta dell’Alemanna esistesse un edificio o uno spazio dedicato a Hera Argiva.

The topic of this paper is a singular female clay head with bovine horns and ears, found in 1951 on the hill of “Madonna dell’Alemanna”, northwards the city of Gela. After the accidental discovery of a votive pit dating back to the 7th-6th cent. BC, scholars located here an important extra-urban sanctuary of the Greek polis and attributed it to Demeter on the basis of the female clay head, found outside the pit, because they considered it allusive to the relationship between the goddess, cattle and agriculture. Without specific data on the stratigraphic context of the artefact, the present study fixes its dating around the middle of the 5th cent. B.C. on a typological and stylistic basis and attributes it to a local workshop. Then, through the examination of numerous literary and iconographic sources, the investigation comes to the hypothesis that the artefact may be pertinent to a hybrid figurine, both human and animal, which represented Io, the famous priestess of the sanctuary of Hera in Argos, loved by Zeus, transformed into a white cow and then arisen to the rank of heroine progenitor of the royal lineage of the Achaeans. Beginning with this identification, the research deals with the problem of the relationship between the character of Io and Hera, the reference deity of the priestess in the sphere of myth, specifically in the Argive context. Furthermore, considering other items from various provenances depicting the heroine, the study investigates the possibility of any influences of this relationship in the ritual activities connected with the worship of the goddess. As a final point, the search formulates the hypothesis that on the Alemanna hill there was a building or a space dedicated to Hera Argiva.